Non è quindi legittima la possibilità di richiedere l’emissione della nota di variazione al creditore per le passività trasferiteLa cessione d’azienda – o di ramo d’azienda – comporta il trasferimento in capo al cessionario di un’entità organizzata ed unitaria, economicamente funzionante ed indipendente: con l’atto di cessione l’acquirente prende possesso di tutti i “beni”funzionali alla prosecuzione dell’impresa, subentrando, altresì, in tutte le posizioni creditorie e debitorie.L’art. 2560 c.c. si occupa, in particolare, dei debiti trasferiti, per i quali è prevista una particolare garanzia a tutela dei creditori ceduti ed in particolare si dispone che il cedente rimane responsabile – salvo espressa concessione da parte dei creditori stessi – per le passività assunte prima della vendita, mentre il cessionario risponde di tutti i debiti risultanti dai libri contabili. La giurisprudenza, in merito, ha precisato che “l’iscrizione dei debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta nei libri contabili obbligatori è elemento costitutivo della responsabilità dell’acquirente dell’azienda” (Cass. 9 ottobre 2009 n. 21481).

Ciò premesso, non appare legittima la possibilità di richiedere al creditore ceduto di emettere una nota di variazione a integrale (o parziale) storno di un’operazione registrata e di emettere, successivamente, una fattura che abbia lo stesso importo, ma che risulti a carico dell’acquirente stesso, quale nuovo debitore. In primo luogo, si rammenta che il soggetto che ha posto in essere l’operazione, ai sensi dell’art. 26, commi 2 e 3 del DPR 633/72,  ha la facoltà – e non l’obbligo – di emettere una nota di variazione in diminuzione e, oltretutto, questa prerogativa è subordinata alla sussistenza di una reale causa di variazione che si configura, ad esempio, quando l’operazione viene meno (bastando la riduzione dell’ammontare imponibile), ovvero – ai sensi dell’art. 21, comma 7 del DPR 633/72 – quando viene riscontrata un’inesattezza nella fatturazione, tale per cui è stata emessa fattura per operazioni inesistenti (o per importi superiori a quelli reali).

Nella cessione d’azienda, pertanto, non possono ravvisarsi le suddette condizioni per i debiti trasferiti, poiché in questa ipotesi avviene un semplice (e automatico, ex lege) mutamento della soggettività passiva dell’obbligazione commerciale e, oltretutto, tale passaggio si concretizza indipendentemente dalla volontà del creditore ceduto. La richiesta, da parte del cessionario, della predisposizione di una nota di variazione non andrebbe a stornare alcuna posizione debitoria – ovvero il saldo verso il debitore e l’IVA – poiché la stessa è già stata trasferita contabilmente al cessionario per effetto del trasferimento dell’azienda.

A tale riguardo, si consideri l’ipotesi in cui vi siano delle fatture intestate al cedente, relative ad attività trasferite, per operazioni poste in essere prima della cessione dell’impresa: anche se il documento viene emesso dopo il passaggio di gestione e consegnato all’originario debitore, lo stesso deve essere registrato direttamente e unicamente dal cessionario.
Inoltre, il ricevimento di una nuova fattura comporterebbe un indubbio vantaggio fiscale per il cessionario, consentendo sia la deducibilità di nuovi costi che la detraibilità dell’IVA e la fatturazione, essendo riferita ad un’operazione che non ha avuto luogo tra i soggetti indicati, si qualificherebbe quale illecita documentazione di un’operazione inesistente: l’immediata conseguenza è che l’utilizzo di tale documento permetterebbe “di beneficiare abusivamente di esenzioni e rimborsi insussistenti, mediante la presentazione della dichiarazione annuale Iva e l’indebita detrazione” (Cass. 21 gennaio 2011 n. 1364 e 24 luglio 2009 n. 17378).

Emettere una nota di variazione e, successivamente, una nuova fattura per il medesimo importo e la medesima operazione, ma intestata solo ad un diverso debitore – ovvero il cessionario – comporta altresì la violazione di alcuni principi generali dell’IVA: infatti, è onere del cedente addebitare l’imposta sul valore aggiunto, a titolo di rivalsa, in capo al cessionario, ricordando che è nullo ogni patto contrario, ai sensi dell’art. 18, commi 2-4 del DPR n. 633/1972.
Un secondo principio, sancito dall’art. 21, commi 2-4 del DPR 633/72, stabilisce che la fattura non solo deve riportare i dati dei soggetti tra i quali è intervenuta l’operazione, ma la stessa deve essere emessa nel momento di effettuazione e, quindi, quando sono consegnati o spediti i beni in oggetto.

Infine, è bene ricordare che la rettifica di una fattura, a seguito di cessione d’azienda, è ammessa in una sola ipotesi, ovvero quando emergono errori non dolosi di fatturazione, quali documenti intestati al cedente, ma che hanno per oggetto operazioni poste in essere dopo il trasferimento dell’azienda: in questo caso l’operazione di storno è giustificata dal fatto che si deve eliminare una situazione non rappresentativa della realtà – essendo inesatte le parti contraenti indicate – in ossequio alla previsione di cui all’art. 26, comma 3 del DPR n . 633/72.

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