Gli stranieri possono acquistare in contanti fino a 15.000 euroGli operatori italiani interessati, però, devono comunicare gli acquisti di importo pari o superiore a 1.000 euro all’Agenzia delle Entrate.
I turisti stranieri possono effettuare acquisti in contanti entro il limite di 15.000 euro, ma gli operatori italiani devono comunquecomunicare all’Agenzia delle Entrate le operazioni di importo unitario pari o superiore a 1.000 euro.
Sono queste le principali novità che la L. 26 aprile 2012 n. 44, di conversione del DL 16/2012, ha apportato alla disciplina che deroga ai limiti di trasferimento del denaro contante in favore di turisti stranieri.

L’art. 3 comma 1 del DL 16/2012 aveva disposto che il divieto di trasferimento di denaro contante per importi pari o superiori a 1.000 euro, di cui all’art. 49 comma 1 del DLgs. 231/2007, non avrebbe operato per gli acquisti di beni e di prestazioni di servizi legate al turismo – effettuati presso esercenti il commercio al minuto o attività assimilate, di cui all’art. 22 del DPR 633/72, nonché presso agenzie di viaggi e turismo che organizzano pacchetti turistici costituiti da viaggi, vacanze, circuiti tutto compreso e connessi servizi, di cui all’art. 74-ter del DPR 633/72 – posti in essere da persone fisiche di cittadinanza diversa da quella italiana e comunque diversa da quella di uno dei Paesi dell’Unione europea e dello Spazio economico europeo (Liechtenstein, Islanda e Norvegia), con residenza fuori dal territorio dello Stato. Tale deroga è stata subordinata a specifiche condizioni. Il cedente del bene o il prestatore del servizio, infatti, avrebbe dovuto: acquisire, all’atto dell’effettuazione dell’operazione, sia la fotocopia del passaporto del cessionario e/o del committente, siaun’apposita autocertificazione di quest’ultimo, ai sensi dell’art. 47 del DPR 445/2000, attestante lo status di straniero, nonché la residenza fuori del territorio dello Stato; versare, nel primo giorno feriale successivo a quello di effettuazione dell’operazione, il denaro contante incassato su un proprio conto corrente tenuto presso un operatore finanziario,consegnando a quest’ultimo fotocopia dei documenti di cui sopra e della fattura, della ricevuta o dello scontrino fiscale emesso; inviare apposita comunicazione preventivaall’Agenzia delle Entrate, le cui modalità e termini sono stati precisati dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 23 marzo 2012 (ex art. 3 comma 2 del DL 16/2012).

In sede di conversione in legge del DL 16/2012, le ricordate disposizioni normative sono state integralmente riscritte. Viene stabilito, in primo luogo, che i turisti stranieri possono effettuare acquisti in contanti presso i ricordati soggetti entro il limite di 15.000 euro. A tali fini, gli esercenti il commercio al minuto o attività assimilate, di cui all’art. 22 del DPR 633/72, nonché le agenzie di viaggi e turismo, di cui all’art. 74-ter del DPR 633/72, devono innanzitutto inviare apposita comunicazione preventiva di adesione alla disciplina all’Agenzia delle Entrate, nella quale indicare anche il conto che si intende utilizzare. Ne consegue la necessità di un adeguamento del modello predisposto con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 23 marzo 2012, che non consente di fornire tale informazione. I soggetti di cui sopra, inoltre, restano tenuti, all’atto dell’effettuazione dell’operazione, ad identificare il cliente (fotocopiando il passaporto) e ad acquisire da quest’ultimo autocertificazione circa il proprio status. Confermato anche l’obbligo di versare, nel primo giorno feriale successivo a quello di effettuazione dell’operazione, il denaro contante incassato sul conto indicato; all’operatore finanziario, tuttavia, deve essere consegnata la sola copia della ricevuta della comunicazione preventiva e non più anche la fotocopia del passaporto e dell’autocertificazione, nonché della fattura, della ricevuta o dello scontrino fiscale emesso. A tutto ciò si aggiunge l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle Entrate le operazioni in contanti di importo unitario non inferiore a 1.000 euro effettuate dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, secondo modalità e termini che saranno stabiliti con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate (cfr. il nuovo art. 3 comma 2-bisdel DL 16/2012 convertito).

La nuova disciplina è priva di specifiche sanzioniLa disciplina esaminata è priva di specifiche sanzioni. Potrebbero quindi sorgere dubbi circa l’applicazione della sanzione comminata dall’art. 58 comma 1 del DLgs. 231/2007 (dall’1% al 40% dell’importo trasferito), che si riferisce alla sola violazione dei limiti all’utilizzo del denaro contante di cui all’art. 49 comma 1 del DLgs. 231/2007; ciò, in particolare, alla luce del divieto di applicazione analogica sancito dall’art. 1 comma 2 della L. 689/81, ai sensi del quale “le leggi che prevedono sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse considerati”. L’applicazione della ricordata sanzione, tuttavia, appare più l’esito di una legittima interpretazione estensiva (cfr., con riguardo alle sanzioni penali, la recente sentenza 18 aprile 2012 n. 15048 della Corte di Cassazione) che non di una vietata interpretazione analogica.

 
 
Niente reverse charge per mancata iscrizione al VIESLo chiarisce l’Agenzia con la ris. n. 42, in relazione agli acquisti intracomunitari dei soggetti IVA passivi nazionali.
La mancata iscrizione al VIES da parte di un soggetto passivo IVA nazionale non legittima l’applicazione del “reverse charge” sugli acquisti intracomunitari effettuati da tale soggetto.
È questa la “massima” che si ricava dalla lettura della risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 42 di ieri, 27 aprile, che riguarda il caso di un soggetto IVA nazionale che ha acquistato dei pannelli fotovoltaici presso un fornitore tedesco, il cui accordo si è perfezionato prima dell’entrata in vigore dell’obbligo d’iscrizione al VIES, ma la cui consegna è avvenuta solamente nel mese di aprile 2011, e quindi successivamente all’efficacia dei provvedimenti direttoriali che hanno imposto l’obbligo in questione. L’operazione è stata considerata come acquisto intracomunitario, ai sensi dell’art. 38 del DL n. 331/93, assoggettato ad IVA in Italia, mediante applicazione del “reverse charge”.
Preliminarmente, ricorda l’Agenzia, l’art. 35 del DPR 633/72, come modificato dall’art. 27 del DL 78/2010, richiede al soggetto passivo d’imposta che intenda effettuare operazioni intracomunitarie l’obbligo di richiedere l’iscrizione nell’archivio VIES. Mentre per i soggetti che iniziano l’attività, tale richiesta è effettuata in sede di dichiarazione d’inizio attività, per i soggetti già in possesso di partita IVA, la predetta volontà deve essere manifestata mediante apposita istanza da presentare all’Agenzia delle Entrate. In ogni caso, decorsi 30 giorni dalla presentazione dell’istanza, senza che l’Agenzia abbia formulato un diniego espresso, il soggetto passivo acquisisce di diritto l’iscrizione nell’archivio VIES (silenzio assenso).
Premesso ciò, prendendo spunto dal caso di specie illustrato nel documento di prassi in commento, l’Agenzia fornisce alcune precisazioni, molte delle quali erano già contenute nella circolare n. 39/2011.
In primo luogo, l’Agenzia ricorda che, una volta ricevuta l’istanza per l’iscrizione al VIES, èsospesa la soggettività attiva e passiva per le operazioni intracomunitarie fino al 30° giorno successivo, periodo nel quale il soggetto IVA può operare in piena legittimità solo per le operazioni interne. Dal 31° giorno, invece, salvo rifiuto esplicito da parte dell’Agenzia, il soggetto IVA è iscritto nel Vies ed acquisisce in tal modo la legittimità anche in ambitointracomunitario.

Per quanto riguarda, invece, il regime IVA delle operazioni poste in essere in assenza di regolare iscrizione al VIES, l’Agenzia precisa che:
- le cessioni e le prestazioni di servizi intracomunitarie effettuate da un soggetto IVA nazionale, non iscritto nel Vies, devono essere assoggettate ad IVA in Italia, in quanto operazioni “interne” e non intracomunitarie;
- specularmente, “l’acquirente italiano non regolarmente iscritto al Vies, ricevuta la fattura senza IVA dal fornitore europeo, non deve procedere alla doppia annotazione della stessa nelregistro delle fatture emesse e nel registro degli acquisti, non essendo applicabile il meccanismo dell’inversione contabile”.

Per i non iscritti, operazioni intracomunitarie soggette a IVA in ItaliaIn tale ultima ipotesi, continua l’Agenzia, si realizzerebbe una fattispecie di indebita detrazione dell’IVA, con conseguente applicazione della sanzione di cui all’art. 6, comma 6 del DLgs. n. 471/97, in misura pari all’ammontare dell’imposta detratta. Nel caso di specie, tuttavia, posto che la circ. n. 39/2011 ha stabilito che le sanzioni non sono applicabili in capo ai soggetti non iscritti al VIES per le violazioni commesse prima dell’emanazione della predetta circolare (1° agosto 2011), non si rende applicabile alcuna sanzione.

Infine, l’Agenzia precisa che, in sede di operazione amministrativa con gli altri Stati membri, si provvederà a segnalare l’operazione irregolarmente eseguita all’Amministrazione dello Stato membro del fornitore (Germania, nel caso di specie), che potrà recuperare l’eventuale imposta (tedesca) non applicata dal fornitore stesso, il quale, dopo aver consultato il VIES e non aver trovato il cliente italiano, avrebbe dovuto infatti trattare l’operazione come interna e non come intracomunitaria.

 
L’IMU diventa «operativa» Con due provvedimenti e una risoluzione, l’Agenzia delle Entrate ha istituito i codici tributo per versare l’imposta con modello F24.


Ai sensi dell’art. 13, comma 12 del DL n. 201/2011, conv. L. n. 214/2011, in deroga alla potestà regolamentare riconosciuta in materia ai Comuni dall’art. 52 del DLgs. n. 446/97, il versamento dell’IMU è effettuato esclusivamente con le modalità di cui al DLgs. n. 241/1997, ovverosia, tramite il modello F24.
Inoltre il precedente comma 11 prevede che la quota di imposta riservata alla Stato debba essere versata allo Stato contestualmente all’imposta municipale propria.

Come confermato dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 53909 di ieri, il versamento dell’imposta municipale propria effettuato tramite l’F24 rimane l’unica modalità ammessa. Conseguentemente, sarà possibile compensare l’IMU dovuta con eventuali crediti fiscali o contributivi.
I soggetti titolari di partita IVA, precisa l’Agenzia nel suddetto provvedimento, dovranno eseguire il versamento dell’IMU esclusivamente con modalità telematiche.

A tal fine, con la risoluzione n. 35 anch’essa di ieri e con efficacia a decorrere dal 18 aprile 2012, sono istituiti i codici tributo:
- “3912” denominato “IMU – imposta municipale propria su abitazione principale e relative pertinenze - articolo 13, c. 7, d.l. 201/2011 – COMUNE”;
- “3913” denominato “IMU – imposta municipale propria per fabbricati rurali ad uso strumentale – COMUNE”;
- “3914” denominato “IMU – imposta municipale propria per i terreni – COMUNE”;
- “3915” denominato “IMU – imposta municipale propria per i terreni – STATO”;
- “3916” denominato “IMU – imposta municipale propria per le aree fabbricabili – COMUNE”;
- “3917” denominato “IMU – imposta municipale propria per le aree fabbricabili – STATO”;
- “3918” denominato “IMU – imposta municipale propria per gli altri fabbricati – COMUNE”;
- “3919” denominato “IMU – imposta municipale propria per gli altri fabbricati – STATO”;
- “3923” denominato “IMU – imposta municipale propria – INTERESSI DA ACCERTAMENTO – COMUNE”;
- “3924” denominato “IMU – imposta municipale propria – SANZIONI DA ACCERTAMENTO – COMUNE”.

I suddetti codici devono essere esposti nella sezione “SEZIONE IMU E ALTRI TRIBUTI LOCALI” del “nuovo” modello F24, così come modificato dal provvedimento Agenzia delle Entrate n. 53906 del 12 aprile 2012, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”. Il campo “codice ente/codice comune” deve contenere il codice catastale del Comune nel cui territorio sono situati gli immobili.

Nel caso in cui il versamento riguardi la prima rata dell’IMU, che deve essere eseguito entro il 18 giugno 2012 (in quanto il 16 cade di sabato), deve essere barrato lo spazio “Acc.” del modello F24 (deve essere barrato “Saldo”, invece, se il versamento riguarda la seconda rata in scadenza il prossimo 17 dicembre).
Il contribuente, in alternativa al versamento dell’IMU in due rate, può scegliere di effettuare il pagamento in un’unica soluzione entro il 18 giugno. In questo caso, devono essere barrate entrambe le caselle “Acc.” e “Saldo” del modello F24.
Infine, i campi “Numero immobili” e “Anno di riferimento” devono essere compilati, rispettivamente, con il numero degli immobili assoggettati all’imposta e l’anno d’imposta cui si riferisce il pagamento (2012 per il versamento della prima rata di giugno di quest’anno).

Nel caso in cui ci si avvalga dell’istituto del ravvedimento operoso, disciplinato dall’art. 13 del DLgs. 18 dicembre 97 n. 472, la ris. n. 35/2012 precisa che sanzioni e interessi dovranno essere versati unitamente all’imposta dovuta. In questo caso, nel modello F24 dovrà essere barrata la casella “Ravv.” e nel campo “Anno di riferimento” dovrà essere indicato l’anno in cui l’imposta doveva essere versata.

Si segnala, infine, che, con riferimento all’ICI, la ris. 12 aprile 2012 n. 35 ha ricodificato i codici tributo per il versamento dell’imposta ancora dovuta, mentre sono rimasti invariati i codici per il versamento degli interessi e delle sanzioni.

“Vecchi” F24 utilizzabili fino al 31 maggio 2013 Al fine di smaltire i modelli cartacei in circolazione, il provv. prot. n. 53906 di ieri, precisa che il “vecchio” F24 potrà essere comunque utilizzato fino al 31 maggio 2013. Per in versamento dell’IMU sarà sufficiente indicare l’importo dovuto nella sezione “Ici e altri tributi locali”. Dal 1° giugno 2013, invece, sarà obbligatorio utilizzare il nuovo modello F24

 

1 PREMESSA
Il DL 2.3.2012 n. 16, c.d. “DL sulle semplificazioni fiscali”, ha apportato alcune novità anche in materia di utilizzo del denaro contante.
Tra queste, particolare rilievo presenta la deroga al limite all’utilizzo del denaro contante per gli acquisti effettuati da turisti stranieri.
Al riguardo, sono intervenuti:
il comunicato stampa dell’Agenzia delle Entrate 13.3.2012;
il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 23.3.2012.
2 ACQUISTI DA PARTE DI TURISTI STRANIERI
Il divieto di trasferimento di denaro contante per importi pari o superiori a 1.000,00 euro non opera per l’acquisto di beni e di prestazioni di servizi legate al turismo, effettuati:
da persone fisiche di cittadinanza diversa da quella italiana e comunque diversa da quella di uno dei Paesi dell’Unione europea (ovvero dello Spazio economico europeo), che abbiano residenza fuori dal territorio dello Stato italiano;
presso esercenti il commercio al minuto, o attività assimilate, e presso agenzie di viaggi
e turismo.
2.1 CONDIZIONI PER LA DEROGA
Tale deroga, però, è applicabile solo in presenza di precise condizioni.
In particolare, il cedente del bene o il prestatore del servizio:
deve acquisire, all’atto dell’effettuazione dell’operazione, sia la fotocopia del passaporto
del cessionario e/o del committente, sia un’apposita autocertificazione di quest’ultimo, ai sensi dell’art. 47 del DPR 445/2000, in cui attesta il fatto di non essere cittadino italiano né cittadino di uno dei Paesi dell’Unione europea (ovvero dello Spazio economico europeo), nonché di possedere la residenza fuori del territorio dello Stato italiano;
deve versare, nel primo giorno feriale successivo a quello di effettuazione dell’operazione, il denaro contante incassato su un proprio conto corrente tenuto presso un operatore finanziario, consegnando a quest’ultimo fotocopia dei documenti di cui sopra e della fattura, della ricevuta o dello scontrino fiscale emesso;
deve avere inviato un’apposita comunicazione preventiva all’Agenzia delle Entrate, secondo le modalità ed i termini indicati nel suddetto provvedimento del 23.3.2012.
2.2 FASE TRANSITORIA
Al fine di consentire l’utilizzo della nuova disciplina anche in assenza del provvedimento attuativo, peraltro, l’Agenzia delle Entrate, con un comunicato stampa del 13.3.2012, aveva precisato che, fermo il rispetto degli ulteriori adempimenti, per le operazioni di importo superiore alla soglia poste in essere tra il 2.3.2012 (data di entrata in vigore del DL 16/2012) e la pubblicazione del modello di comunicazione, i suddetti operatori economici, una volta disponibile quest’ultimo, avrebbero avuto 15 giorni di tempo per inviare (ex post) la comunicazione “preventiva” all’Agenzia delle Entrate.
Il suddetto provvedimento attuativo del 23.3.2012 stabilisce ora:
da un lato, che il modello deve essere presentato all’Agenzia delle Entrate prima di effettuare
le operazioni individuate;
dall’altro, che, con riferimento alle operazioni effettuate dal 2.3.2012 al 10.4.2012, per le quali si è fruito o si intende fruire delle disposizioni di deroga al divieto di trasferimento del denaro contante, il modello deve essere presentato entro il 10.4.2012. 
Nel predetto periodo transitorio, inoltre, se la prima operazione è antecedente alla comunicazione, in quest’ultima deve essere indicata, in luogo della data di sottoscrizione, la data di effettuazione dell’operazione.
2.3 PRINCIPALI CHIARIMENTI DEL PROVVEDIMENTO ATTUATIVO
Il provvedimento attuativo del 23.3.2012 ha anche precisato che:
il modello di comunicazione deve essere presentato all’Agenzia delle Entrate esclusivamente con modalità telematica;
la presentazione può avvenire direttamente da parte dei contribuenti abilitati ai servizi
telematici dell’Agenzia delle Entrate ovvero per il tramite degli intermediari incaricati (es.dottori commercialisti ed esperti contabili). A tal fine, i predetti soggetti sono tenuti a trasmettere i dati contenuti nella comunicazione utilizzando il prodotto informatico disponibile gratuitamente sul sito Internet dell’Agenzia delle Entrate ovvero secondo le specifiche tecniche che saranno approvate con successivo provvedimento;
a seguito della presentazione, il servizio telematico rilascia una ricevuta contenente l’esito dell’elaborazione effettuata sui dati pervenuti che, in assenza di errori, conferma l’avvenuta presentazione della comunicazione;
diversamente da quanto emergerebbe dalla lettera della norma (che sembra riferirsi al solo“documento” di identità), occorre consegnare all’operatore finanziario, oltre al contante ed alla fotocopia della fattura (o ricevuta o scontrino fiscale) emessa, anche la fotocopia sia del passaporto che dell’autocertificazione.
 
 Il DL 16/2012 ha chiarito che la deroga al criterio di competenza è una facoltà e non un obbligo per il contribuente .
Il decreto sulle semplificazioni fiscali (DL n. 16/2012) è intervenuto sulla deroga al generale principio di competenza economica introdotta, per le imprese minori, del “Decreto Sviluppo”, chiarendo alcuni dubbi sorti con riferimento alla disposizione, in particolare per quanto riguarda la decorrenza della norma.

Si ricorda che l’art. 7, comma 2, lett. s) del DL 70/2011 (conv. L. 106 del 12 luglio 2011), noto come “Decreto Sviluppo”, ha modificato l’art. 66 comma 3 del TUIR, stabilendo che, per i contribuenti in regime di contabilità semplificata, i costi concernenti contratti da cui derivano corrispettivi periodici, relativi a spese di competenza di due periodi d’imposta e di importo non superiore a 1.000 euro, sono deducibili nell’esercizio in cui è ricevuto il documento probatorio, anziché alla data di maturazione dei corrispettivi, come previsto ordinariamente dall’art. 109, comma 2, lett. b) del TUIR.
Con riferimento alle specifiche ipotesi delineate dalla norma, quindi, si consentiva alle imprese minori di non conteggiare i ratei e risconti.

La disposizione in esame aveva, tuttavia, sollevato alcune perplessità, collegate al fatto che, dal tenore letterale della norma, pareva evincersi l’introduzione di un obbligo di imputazione e non una mera facoltà: il contribuente, cioè, non sarebbe stato libero di scegliere se conteggiare i ratei e risconti (e conseguentemente dedurre i costi secondo la loro maturazione), oppure se applicare la deroga, deducendo interamente i costi nel periodo d’imposta in cui veniva ricevuta la fattura.

Peraltro, alcuni dubbi emergevano anche in relazione alla data di entrata in vigore della norma, stanti – da un lato – la mancanza di una specifica disposizione di decorrenza e – dall’altro – la necessità di tenere in considerazione sia l’intento semplificatore della norma, sia quanto stabilito dall’art. 3 comma 1 della L. 212 del 27 luglio 2000 (Statuto del contribuente), ai sensi del quale, salvo quanto previsto dall’art. 1 comma 2 della medesima legge, in merito alla possibilità di adottare norme di interpretazione autentica, “le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo” e “relativamente ai tributi periodici le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono”.

In assenza di una specifica deroga alla norma appena richiamata, la semplificazione per le imprese minori, contenuta nel “Decreto Sviluppo”, avrebbe dovuto trovare applicazione soltanto dal periodo d’imposta 2012 e, più in particolare, con riferimento a documenti probatori relativi a costi di competenza in parte del 2012 e in parte del 2013 (e aventi le caratteristiche richieste dalla norma).

La deroga si applica già dal 2011 In tale quadro è intervenuto il DL 16/2012, il quale, all’art. 3 comma 8, modifica l’art. 66 comma 3 del TUIR, prevedendo che i costi concernenti contratti da cui derivano corrispettivi periodici, relativi a spese di competenza di due periodi d’imposta e di importo (indicato dal documento di spesa) non superiore a 1.000 euro, “possono essere dedotti” (e non invece “sono deducibili”) nell’esercizio nel quale è stato “registrato” (e non invece “ricevuto”) il documento probatorio.
Come sottolineato dalla relazione illustrativa al provvedimento, viene quindi introdotta, a fini di semplificazione e in considerazione della modesta rilevanza degli importi considerati, la possibilità di dedurre, a scelta del contribuente, i costi in esame secondo gli ordinari criteri di competenza ovvero con riferimento alla registrazione ai fini IVA dei relativi documenti fiscali. Inoltre, la rilevanza della registrazione viene precisata in senso conforme alle modifiche già apportate dal DL 70/2011, come chiarite dalla relativa relazione di accompagnamento.

Il successivo comma 9 dell’art. 3 del DL 16/2012 chiarisce, poi, definitivamente la questione della decorrenza, ove stabilisce che la disposizione in esame trova applicazione a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2011.
La deroga al principio di competenza si può, quindi, applicare già con riferimento ai documenti probatori relativi a costi per servizi resi “a cavallo” 2011-2012.
Più in particolare, nel caso, ad esempio, di servizi resi nel periodo dicembre 2011-gennaio 2012, l’applicazione della deroga introdotta dal “Decreto Sviluppo” consente di dedurre interamente il costo:
- nel periodo d’imposta 2012, se il documento giustificativo è stato registrato nel 2012;
- nel periodo d’imposta 2011, se il documento giustificativo è stato registrato nel 2011.
In entrambi i casi, non si rilevano scritture di assestamento.

 
Il DL 16/2012 porta il tetto massimo di compensazione orizzontale del credito, annuale o trimestrale, da 10.000 a 5.000 euro        Per effetto delle novità introdotte dall’art. 8, comma 18 del DL 16/2012, il tetto massimo di compensazione orizzontale del credito IVA (annuale o trimestrale) che si intende utilizzare si abbassa da 10.000 a 5.000 euro.

Si ricorda, brevemente, che le limitazioni introdotte dal DL 78/2009, e i successivi chiarimenti emanati dall’Agenzia, prevedono che:
- il credito IVA derivante dalla dichiarazione annuale, nonché quello relativo ai primi tre trimestri (dal modello TR), può essere compensato liberamente fino ad un importo di 10.000 euro (ora abbassato, come detto, a 5.000 euro);
- l’eventuale eccedenza di credito (che si intende compensare) rispetto al predetto importo può essere compensata solamente a partire dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale (credito annuale), ovvero del modello TR (credito infrannuale);
- limitatamente al credito annuale, l’eventuale compensazione eccedente 15.000 euro, oltre alla previa presentazione della dichiarazione, comporta l’apposizione del visto di conformità sulla dichiarazione stessa;
- nell’ambito dello stesso anno solare di riferimento, il soggetto IVA dispone di due plafond di 10.000 euro (ora 5.000), il primo riferito al credito IVA annuale, il secondo relativo ai crediti trimestrali;
- eventuali crediti residui, derivanti da annualità precedenti, possono essere utilizzati in compensazione anche nell’anno successivo, purché, entro la presentazione della dichiarazione IVA (ad esempio, il credito IVA dell’anno 2010, non interamente utilizzato nell’anno 2011, può essere utilizzato anche nel 2012, purché ciò avvenga prima della presentazione della dichiarazione del modello IVA 2012).

Come anticipato, il DL 16/2012 interviene modificando il quadro normativo descritto, sia pure limitandosi ad abbassare la predetta soglia di 10.000 euro a 5.000 euro, senza stabilire una precisa decorrenza in tal senso. Il successivo comma 20 del medesimo art. 8, tuttavia, prevede che “con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate possono essere stabiliti i termini e le ulteriori modalità attuative” di quanto detto in precedenza.

Osservando che l’emanazione del provvedimento attuativo costituisce una mera facoltà (il legislatore utilizza il termine “possono”), dovrebbe essere pacifico che i soggetti passivi che alla data del 2 marzo 2012 (data di entrata in vigore del decreto) abbiano già (in maniera del tutto legittima) utilizzato il plafond disponibile di 10.000 euro relativo al credito annuale dell’anno 2011, non possano ora incorrere in alcuna sanzione, atteso che, alla data in cui è avvenuta la compensazione (16 gennaio e 16 febbraio), la soglia era ancora pari a 10.000 euro.

Niente sanzioni per chi, al 2 marzo, ha usato il plafond di 10.000 euro Più delicata potrebbe essere la situazione di coloro che, pur avendo un credito IVA superiore a 10.000 euro, alla suddetta data del 2 marzo abbiano già compensato, con altri tributi, importi inferiori a 10.000 euro ma superiori alla nuova soglia (ad esempio per 7.000 euro) e intendano ora utilizzare il credito residuo. In tal caso, per ragioni di prudenza, appare certamente consigliabile procedere alla previa presentazione della dichiarazione annuale (nel corso del presente mese di marzo) e “rinviare” la compensazione del credito residuo (compreso il residuo importo di 3.000 euro rispetto alla vecchia soglia di 10.000 euro) a partire dal 16 aprile prossimo.

Tuttavia, come detto, il descritto comportamento sembra oltremodo prudenziale, in quanto, in attesa di conoscere il pensiero dell’Agenzia, sarebbe più corretto sposare una chiave di lettura secondo cui la nuova soglia di 5.000 euro si renda applicabile solamente a partire dai crediti che maturano successivamente alla data del 2 marzo 2012, interessando quindi il credito del primo trimestre 2012 e quelli successivi.

Sul punto, tra l’altro, si ricorda che l’art. 3 dello Statuto del contribuente richiederebbe il rinvio all’anno successivo delle modifiche introdotte ai tributi periodici, nel cui ambito rientra l’IVA e, in ogni caso, le disposizioni tributarie non possono prevedere adempimenti a carico dei contribuenti (nel caso di specie, l’obbligo di preventiva presentazione della dichiarazione o del modello TR per rispettare la nuova soglia di 5.000 euro) con scadenza antecedente al sessantesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della norma.


 
 
Ipoteca esattoriale inibita per crediti sotto i 20.000 euro Non vale più la regola dell’abitazione principale, introdotta dal DL 70/2011 / Alfio CISSELLO share / Lunedì 05 marzo 2012 stampa invia Il Decreto “semplificazioni fiscali” (DL n. 16/2012, pubblicato nella G.U. n. 52 del 2 marzo 2012) muta in senso favorevole ai contribuenti la disciplina sull’ipoteca esattoriale, contenuta nell’art. 77 del DPR 602/73.

Ora, l’ipoteca esattoriale non è adottabile se il credito per cui si procede, complessivamente, non supera i 20.000 euro (sul computo di tale limite, secondo la giurisprudenza, occorre vagliare sia i crediti tributari sia quelli extra-fiscali, come quelli di natura contributiva, si veda “La «soglia» per l’ipoteca esattoriale comprende anche i debiti INPS” del 30 novembre 2011).

Prima di tale modifica, si applicavano le norme introdotte dal DL 70/2011, ove era previsto che, come limite generale, l’ipoteca non poteva essere adottata per il recupero di crediti sino a 8.000 euro e che, qualora il credito fosse sotto contestazione giudiziale o ancora contestabile in detta sede e l’immobile fosse adibito a prima casa, il limite si innalzava a 20.000 euro.
Viene di conseguenza abrogato l’art. 7 comma 2 lett. gg-decies) del DL 70/2011.

Occorre evidenziare che la tecnica legislativa adottata dal DL n. 16/2012 ha fatto un passo avanti: infatti, è da accogliere con favore il fatto che il Legislatore abbia apportato una modifica all’art. 77 del DPR 602/73 mutando il testo di detta norma e non, come fatto dal DL 70/2011, introducendo una disposizione ad hoc, il che, naturalmente, contribuisce a complicare il sistema.

Lo stesso limite contemplato per l’ipoteca è previsto per l’espropriazione immobiliare, che, del pari, non può essere azionata per crediti nel complesso inferiori a 20.000 euro (a tal fine, è stato modificato l’art. 76 del DPR 602/73, che, in precedenza, soggiaceva agli stessi limiti dell’ipoteca introdotti dal DL 70/2011).
Vi è da dire che la nuova normativa non intacca le ipoteche già disposte, che, come visto, potevano essere applicate, salvo il caso specifico della prima casa, per crediti superiori a ottomila euro.

In tal senso depone espressamente l’art. 6 comma 6 del DL n. 16/2012, il quale sancisce: “La disposizione di cui al comma 1-bis dell’art. 77 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602, si applica a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.

Rimangono lecite le ipoteche già iscritte Bisogna quindi riconoscere che, dopo il Decreto “semplificazioni fiscali”, il quadro normativo sulle ipoteche esattoriali può ritenersi soddisfacente, poiché:
- a seguito del DL 70/2011, è sempre necessario notiziare il contribuente in forma preventiva dell’intenzione di procedere a ipoteca;
- a seguito del Decreto in oggetto, l’ipoteca per nessuna ragione (anche in caso di fondato pericolo per la riscossione) può essere iscritta per riscossioni di importo sino a 20.000 euro.

Giova rilevare che, sempre grazie al Decreto sulle semplificazioni fiscali, l’ipoteca non potrà più essere iscritta a dilazione concessa, salva la validità delle iscrizioni già eseguite, e anche questo è un elemento non di poco conto, visto che talvolta Equitalia si rifiutava di cancellare l’ipoteca se non dopo il pagamento dell’ultima rata del piano di dilazione (quindi dopo anche vari anni).

 
L’accertamento induttivo può essere effettuato anche in caso di omessa presentazione del modello di comunicazione dei dati rilevanti . Il decreto sulle semplificazioni fiscali (DL n. 16/2012) interviene ulteriormente a modificare la disciplina relativa agli studi di settore. Le modifiche interessano:
- i termini entro cui effettuare le integrazioni agli studi di settore (correttivi anti-crisi e indicatori di normalità economica);
- i casi in cui è possibile procedere ad accertamento induttivo a fronte di irregolarità nell’adempimento degli obblighi dichiarativi ai fini degli studi.

Rispetto al primo aspetto, viene inserito un ulteriore periodo all’art. 10 comma 13 del DL 201/2011, conv. L. 214/2011 (norma che aveva introdotto il regime premiale per favorire la trasparenza e previsto agevolazioni rispetto all’attività di accertamento nei confronti dei contribuenti congrui e coerenti agli studi) che differisce al 30 aprile 2012 il termine entro cui devono essere pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale le integrazioni agli studi di settore, vale a dire i correttivi anti-crisi e gli indicatori di normalità economica. Secondo il DPR 195/199 (art. 1 comma 1-bis), la pubblicazione doveva, invece, essere effettuata entro il 31 marzo del periodo d’imposta successivo a quello della loro entrata in vigore.

Rispetto al secondo aspetto, invece, viene modificata la lettera d-ter) dell’art. 39 del DPR 600/73, norma introdotta dall’art. 23 comma 28 lett. c) del DL 98/2011, che consentiva all’Amministrazione finanziaria di procedere ad accertamento induttivo in caso di omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore, nonché di indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti. La disposizione operava se erano irrogabili le sanzioni maggiorate del 10%, applicabili a condizione che il maggior reddito d’impresa o professionale stimato fosse superiore del 10% di quello dichiarato (art. 1 comma 2-bis del DLgs. 471/97).
Il “Decreto semplificazioni” modifica i casi in cui è possibile procedere a tale tipologia di accertamento:
- omessa presentazione dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore;
- indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti;
- infedele compilazione dei predetti modelli che comporti una differenza superiore al 15%, o comunque a 50.000 euro, tra i ricavi o compensi stimati applicando gli studi di settore sulla base dei dati corretti e quelli stimati sulla base dei dati indicati in dichiarazione.

Disposizione applicabile dall’entrata in vigore del DL “semplificazioni”Quanto alla decorrenza, la nuova lettera d-ter) trova applicazione con riferimento agliaccertamenti notificati a partire dalla data di entrata in vigore del decreto, ossia il 2 marzo 2012. Invece, per gli avvisi di accertamento notificati in precedenza, continua ad applicarsi la versione precedente della norma.

Come si può notare, da un lato, la nuova disposizione limita la possibilità dell’induttivo nei casi di errata compilazione del modello di comunicazione dei dati rilevanti, facendo riferimento, alternativamente, alla differenza tra ricavi/compensi dichiarati e stimati in misura non superiore al 15%, oppure a 50.000 euro (tali franchigie sostituiscono il precedente riferimento all’irrogabilità delle sanzioni maggiorate). In questo modo, vengono risolte le perplessità cui dava origine la precedente versione della norma che non specificava quale omissione o non corretta indicazione nel modello (considerando anche quelle meramente formali) era necessaria per procedere all’accertamento. Dall’altro, si estende, a differenza della precedente versione della norma, la possibilità di procedere ad accertamento induttivo anche in caso di omessa presentazione del modello.

 
 
Allungata l’esecuzione forzata negli accertamenti «esecutivi»Pignoramento, a pena di decadenza, entro il terzo anno successivo alla definitività dell’accertamento e non più entro il secondo. Il Legislatore, con il decreto sulle semplificazioni fiscali (DL 16/2012), ha nuovamente modificato la disciplina sugliaccertamenti esecutivi, introdotta dall’art. 29 del DL 78/2010, allungando i termini entro cui Equitalia deve, a pena di decadenza, iniziare l’espropriazione forzata. Inoltre, viene previsto che Equitalia, nel momento in cui riceve il credito dall’Agenzia delle Entrate, debba inviare una nota informativa al contribuente.

Come è ormai più che noto, a partire dagli atti emessi dall’Agenzia delle Entrate dallo scorso 1° ottobre 2011 e relativamente a imposte sui redditi, IVA e IRAP, l’accertamento, in luogo del ruolo, è un provvedimento esecutivo.
L’aspetto più rilevante consiste nella necessità, ad opera del contribuente, di versare le somme richieste, per intero o per un terzo, entro il termine per il ricorso.
Se vi è inadempienza, decorsi, nella maggior parte dei casi, 90 giorni dalla notifica dell’accertamento, le somme vengono affidate a Equitalia, che, da questo momento, può adottare fermi e ipoteche, in costanza dei presupposti di legge. Per l’espropriazione, invece, vi è un periodo di sospensione automatica di 180 giorni dalla data di affidamento del credito (per una puntuale disamina del nuovo sistema degli accertamenti esecutivi.
Tanto premesso, muta radicalmente la fase esecutiva vera e propria, che, prima, doveva soggiacere ai consueti termini prescrizionali (in sostanza, nel sistema pregresso, l’accertamento e la cartella di pagamento dovevano essere notificati entro terminidecadenziali, mentre il pignoramento entro termini prescrizionali, che, in quanto tali, potevano essere interrotti, ad esempio, dall’intimazione ad adempiere di cui all’art. 50 del DPR 602/73).
L’art. 29 del DL 78/2010, infatti, prevede che l’espropriazione forzata (quindi il pignoramento) deve essere disposta, a pena di decadenza, entro il secondo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, il che coincide o con lo spirare dei sessanta giorni dalla sua notifica o con la formazione del giudicato di rigetto della Commissione tributaria.

Quando Equitalia riceve il credito deve notiziare il contribuenteOra il termine viene allungato, prevedendo che, sempre a pena di decadenza, l’espropriazione forzata debba essere disposta entro il terzo anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo.
Un’ulteriore modifica concerne i rapporti tra contribuente e Agente della Riscossione: se vi è inadempienza, decorsi trenta giorni dal termine ultimo per il pagamento, le somme, per la totalità o per intero (a seconda che il contribuente abbia o meno notificato il ricorso), vengono affidate in carico ad Equitalia.
Il Decreto “semplificazioni fiscali” contempla che, in questo momento, medianteraccomandata semplice, l’Agente della Riscossione è tenuto a informare il debitore di aver ricevuto le somme, il che, naturalmente, costituisce un avvertimento per il contribuente.

Una questione importante, su cui si ritornerà, è la seguente: se l’accertamento viene notificatoirritualmente (il contribuente non è reso edotto della pretesa fiscale), si è prospettato da più parti che occorra consentire l’autonoma impugnabilità del pignoramento in sede fiscale, essendo venuta meno la cartella. Per ovviare alle molte problematiche che ciò comporta, non si potrebbe sostenere, solo per questo specifico caso, l’impugnativa della nota che Equitalia deve inviare al contribuente?

 
 
Semplificazioni fiscali in GazzettaDa ieri, è in vigore il DL 16/2012 in materia di semplificazioni tributarie, efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento. Sulla Gazzetta Ufficiale n. 52 di ieri è stato pubblicato il DL n. 16/2012 (decreto sulle semplificazioni fiscali). Il provvedimento,in vigore da ieri, è composto da 13 articoli relativi a: semplificazioni in materia tributaria ed efficientamento e potenziamento dell’azione dell’Amministrazione tributaria, con misure di contrasto all’evasione, potenziamentodell’accertamento, modifiche in materia di sanzioni amministrative e norme su contenzioso tributario e riscossione.

Tra le novità, viene introdotta (art. 11, comma 1 del DL) una specifica sanzione per l’ipotesi di omessa, incompleta o infedele comunicazione delle minusvalenze di ammontare superiore a 5 milioni di euro, realizzate su partecipazioni immobilizzate non aventi i requisiti pex, di cui all’art. 1, comma 4 del DL 209/2002 convertito, e delle minusvalenze su dividendi non tassati superiori a 50.000 euro, ex art. 5-quinquies del DL 203/2005 convertito. Tale sanzione è pari al 10% delle minusvalenze la cui comunicazione è omessa, incompleta o infedele, con un minimo di 500 euro e un massimo di 50.000 euro.
Prima, infatti, non era prevista una sanzione, bensì l’indeducibilità delle minusvalenze non comunicate. Con l’introduzione di una sanzione amministrativa, mantenendo però la deducibilità, di dato viene ridotto l’effetto negativo conseguente la mancata o inesatta comunicazione.

In relazione alle altre misure  oltre a modifiche in materia di rateizzazione dei debiti tributari e di fruizione di benefici fiscali e di regimi fiscali opzionali, subordinati all’obbligo di preventiva comunicazione o di altro adempimento formale, a decorrere dal 1° gennaio 2012 viene reintrodotto il vecchio elenco “clienti e fornitori”, per semplificare gli adempimenti a carico dei soggetti passivi IVA e per superare, come si legge nella Relazione illustrativa al decreto, le difficoltà operative più volte segnalate dagli operatori.
Per effetto della norma, che modifica l’art. 21 del DL 78/2010 convertito, infatti, è richiesta, limitatamente alle operazioni rilevanti ai fini IVA soggette all’obbligo di fatturazione, la comunicazione dell’importo complessivo delle operazioni attive e passive svolte nei confronti di un cliente o fornitore, riferite all’anno per il quale sussiste l’obbligo di comunicazione. La disposizione non introduce novità per ciò che concerne l’adempimento comunicativo relativo alle cessioni e/o prestazioni per le quali non è previsto l’obbligo di emissione della fattura, in quanto continua a sussistere la soglia stabilita dal comma 1 del citato art. 21, ossia 3.600 euro IVA inclusa.

Cambia anche l’obbligo di comunicazione delle operazioni con i Paesi “black list”, che viene limitato alle operazioni (attive e passive) d’importo superiore a 500 euro, al fine di ridurre gli adempimenti delle imprese.

Inoltre, il decreto introduce la possibilità di dedurre, a scelta del contribuente, i costi relativi ai contratti con corrispettivi periodici secondo gli ordinari criteri di competenza ovvero con riferimento alle registrazioni ai fini IVA dei relativi documenti fiscali. Viene poi abrogata l’imposta di bollo pari al 2% dell’importo trasferito con ogni singola operazione sui trasferimenti di denaro all’estero attraverso istituti bancari, money transfer e altri agenti di attività finanziaria. Tale imposta era contenuta nel DL 138/2011 convertito.
Riviste, poi, le imposte patrimoniali introdotte dal DL 201/2011 e inserita la proroga per il versamento dell’imposta di bollo sulle attività scudate, dal 16 febbraio al 16 maggio 2012.

Invece, a livello di fiscalità locale, come anticipato nei giorni scorsi, a decorrere dall’anno d’imposta 2012 vengono abrogate le disposizioni che prevedono la sospensione del potere di aumentare le aliquote e le tariffe locali e regionali.

Ancora, in virtù delle nuove disposizioni, dal 1° luglio 2012, non si procederà all’accertamento, all’iscrizione a ruolo e alla riscossione dei crediti relativi ai tributi erariali, regionali e locali qualora l’ammontare dovuto, comprensivo di sanzioni amministrative e interessi, non superi, per ciascun credito, l’importo di 30 euro, con riferimento a ogni periodo d’imposta.

Tra le altre misure contenute nel DL, oltre a una procedura meno “rigida” per la chiusura delle partite IVA inattive, a modifiche ad attività e certificazioni catastali e alla disciplina del nuovo tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (TARES), e al potenziamento dell’accertamento in materia doganale e in materia di giochi, solo per citarne alcune, si segnala, infine, un intervento sulle sanzioni catastali.
Infatti, per le unità immobiliari per le quali è stata attribuita la rendita presunta ai sensi dell’art. 19, comma 10 del DL 78/2010, i soggetti obbligati devono provvedere alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale entro 120 giorni dalla data di pubblicazione, nella Gazzetta Ufficiale, del comunicato di cui all’art. 2, comma 5-bis del DL 225/2010. In caso di mancata presentazione entro tale termine, si applicano le sanzioni amministrative di cui all’art. 2, comma 12 del DLgs. 23/2011.